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lunedì 28 novembre 2022

Gli spiriti vendicativi del cinema orientale (Speciale)

Quando parliamo di Horror giapponesi, la nostra mente va automaticamente al Ringu di Hideo Nakata o al Ju-on di Takeshi Shimizu. Certo, i più esperti potrebbero anche - con giusta ragione - citare il Kwaidan di Masaki Kobayashi perciò è giusto analizzare cosa l'oriente considera "spaventoso" e come lo veicolo attraverso produzioni del genere.

La mitologia giapponese fra Kojiki e Shintoismo


Prima di tutto è bene sapere che il J-Horror - così come viene chiamato l'horror giapponese - attinge quasi sempre al folklore nipponico. Una mitologia ricca di simboli e creature che trovano origine in una delle opere più importanti giapponesi, il Kojiki. Il Kojiki - che significa letteralmente "vecchie cose scritte"- nasce in ambienti regali nell'VIII secolo ad opera di O no Yasumaro che, alla corte del sovrano Tenmu, venne redatto e consegnato circa 26 anni dopo alla nipote Genmei. L'opera narra la mitologia giapponese ed è quasi un tentativo per dare identità e lustro al paese e, in qualche modo, cementare un suo legame col divino. Nell'opera troveremo quindi i miti che faranno da pilastro portante alla cultura nipponica. Izanagi, Izanami, Amaterasu e Susanoo sono solo alcuni dei nomi degli antichi dei che affollano il Pantheon giapponese e l'opera non fa che altro che descriverci l'attività di quest'ultimi impegnati nella creazione del Giappone. Abbiamo riferimenti al confucianesimo ed al taoismo e incomincia a far capolino la religione principale del paese del Sol Levante, lo Shintoismo. Ecco che di conseguenza "compaiono" una serie di creature legate a miti o leggende che contribuiranno a rendere tanto ricca quanto affascinante la mitologia giapponese come ad esempio gli Yokai o gli Onryo. Comprendo benissimo che riassumere una argomento del genere in poche righe è quasi impossibile e mi scuso per le eventuali imprecisioni o omissioni ma questa introduzione era necessaria per portarci al prossimo argomento ed in seguito all'arte nel cinema giapponese.

Lafcadio Hearn e l'introduzione della cultura dello spettro giapponese in occidente


Lafcadio Hearn (1850 - 1904) fu un giornalista e scrittore irlandese naturalizzato giapponese che guadagnò popolarità per i suo scritti giapponesi. Un esempio è la sua opera principale ovvero "Kwaidan:Stories and Studies of Strange Things", libro in cui vi si trovano storie di Yokai ed altre leggende giapponesi. L'importanza di questi scritti è stata quella di aprire l'occidente ad una visione completamente diversa dalla loro riguardante il mondo degli spiriti ed è stato un tentativo estremamente importante in quanto non si limitava solo a questo ma anche ad offrire un'ulteriore visione di un Giappone preindustriale. Grandi scrittori ed intellettuali come George Orwell accusarono Hearn di "trans-nazionalismo" o di "esotizzazione" del Giappone ma ad oggi sappiamo per certo che senza il suo contributo sarebbe stato estremamente difficile per noi goderci oggi di uno strumento in grado di comprendere meglio il Giappone più remoto. Lo stesso Kobayashi attingerà al suo libro per la creazione del suo film citato nell'introduzione.

Abbiamo quindi la base folkloristica e uno dei più importanti divulgatori di questa materia. Ci manca ora di analizzare grazie a questi gli spiriti vendicativi del Sol Levante.


Gli Onryo, gli spiriti vendicativi


Gli Onryo sono un tipo di fantasmi (Yurei) che tornano di solito a tormentare i vivi. Le cause possono essere molteplici. Partiamo da una moglie abbandonata o uccisa fino ad una promessa infranta in punto di morte. In poche parole un essere umano che ha subito una qualche genere di ingiustizia causandogli la morte, torna per perseguitare il malcapitato. Mi rendo conto che ho semplificato molto ma allo stesso tempo di aver veicolato in maniera chiara la genesi di questa tipologia di spettri. Purtroppo molte volte accade che questo tipo di fantasmi, una volta morti, possano molte volte compiere una giustizia sommaria. E' il caso di Sadako o Kayako in cui le loro maledizioni non solo si posano sull'autore delle loro sofferenze ma anche su vittime innocenti che il caso le ha portate ad averci a che fare. Ritorniamo brevemente su Kayako. Nella pellicola la donna viene uccisa in maniera terribile dal marito infatti subisce sia la stroncatura del collo che la pugnalata a quest'ultimo che la porterà a fare il suo caratteristico verso. Lo spirito in seguito ucciderà il marito strangolandolo coi capelli ma, una volta fatto ciò, tornerà ad infestare nuovamente il luogo del suo omicidio per uccidere chiunque ci metta piede. In questo caso il sentimento rancoroso è il carburante inesauribile che porterà Kayako a vestire i panni della donna maledetta per sempre. Possiamo porci la classica domanda, è possibile mettere fine alla maledizione. In molti libri o pellicole di solito viene chiesto l'aiuto di un'esorcista ma anche lì il successo non è garantito.

Abbiamo visto quindi che promesse infrante, omicidi o altre azioni riprovevoli portano nell'horror giapponese a conseguenze disastrose di cui difficilmente la vittima può liberarsi. La negazione di questo argomento nella realtà è impossibile perché chiunque, in cuor suo, ha quella punta di superstizione che lo governa quotidianamente.





 

lunedì 21 novembre 2022

Un pensiero su Ringu 0 di Norio Tsuruta (1999)


Un pensiero su Ringu 0 di Norio Tsuruta (1999)


La saga di Ringu ha sempre posto all'attenzione dello spettatore la misteriosa Sadako in modo sottile ed implicito. Molte opere orientali, a differenza di quelle occidentali, preferiscono infatti mediare messaggi e significati attraverso silenzi ed immagini che attingono al ricco folklore che l'oriente possiede.
Ringu non è mai stato spaventoso, splatter o disgustoso, al contrario ha sempre giocato con il mistero e la natura del non visibile. Alla fine infatti del primo capitolo della serie, molte sono le domande che rimangono senza risposta. Chi è Sadako? Da dove proviene? Perché ha deciso di incarnare una natura così vendicativa e distruttiva? Le risposte non sarebbero arrivate fino al capitolo di cui parlerò oggi, Ringu 0:Birthday.

Sadako durante una performance
La storia di Ringu 0 inizia circa trenta anni prima dagli  eventi accaduti nel primo Ringu. Sadako è una ragazza  che tenta di sfuggire ad un potere oscuro che ha dentro di lei e di cui non si sa dare nessuna spiegazione. Per fare ciò decide di trasferirsi a Tokyo ed unirsi ad una compagnia teatrale con cui spera di cominciare una vita per lo meno decente. Le cose sembrano andare bene fino a quando una persona proveniente dal suo passato non compare, mandando in frantumi il delicato equilibrio raggiunto.

Sadako sta per essere gettata nel pozzo
La regia di Tsuruta è pulita e quadrata, con una fotografia ed un montaggio molto buono. Il ritmo del film infatti, pur non essendo veloce, scorre bene. I movimenti di camera sono dolci e gentili e la macchina da presa si sposta sempre molto lentamente. Non ci sono virtuosismi sul fronte tecnico ma ci troviamo di fronte ad un regista che fa bene il suo lavoro.
Per quanto riguarda la recitazione, spicca senza ombra di dubbio Yukie Nakama che riesce a creare una Sadako convincente con cui gli spettatori proveranno presto empatia . In questo film infatti Sadako viene, per motivi che preferirei non esporre in questo articolo, umanizzata e le risposte alle domande che ho esposto poco fa trovano finalmente risposta. Rispondere a quest'ultime ha richiesto però di cambiare natura alla serie. Ringu 0 infatti prima di essere un horror, è un film drammatico, un thriller a tratti anche esistenziale. La fuga di Sadako da un passato doloroso, il suo perenne tentativo di controllare una forza che non capisce, le continue ingiurie a cui è sottoposta. Tutto ciò infonde alla pellicola una tristezza ed una profondità che quasi non ci si aspetta. Credo che compiere una scelta del genere sia stata importante per dare ulteriore spessore alla serie. Alla domanda "Questo passato così drammatico di Sadako non rischia di creare una dissonanza con i primi due film?" rispondo con un sicuro "no". Anzi, penso che rivederli dopo aver visionato questo capitolo, ce li faccia godere di più. 

Sadako viene infastidita con una fotocamera
Ringu 0 è un film che non può mancare agli amanti del thriller e del mistero. Gli estimatori di Ringu troveranno senza ombra di dubbio interessante questo tassello che compone il pittoresco mosaico dell'universo di Ringu. Una regia solida ed una storia straziante completano il tutto offrendo allo spettatore un'esperienza godibile. Se vi aspettate grandi spaventi o un semplice film horror, passate oltre perché qui si parla della natura dell'uomo, delle azioni di quest'ultimo e di altri temi che difficilmente possiamo incontrare nel cinema occidentale che mira allo spavento semplice. 




lunedì 24 ottobre 2022

Un pensiero su Ringu (1998) di Hideo Nakata

Un pensiero su Ringu (1998)


Chi legge questo blog conosce bene la mia passione per il cinema orientale, tanto da dedicargli una sezione apposita per trattare tali opere. Era quindi questione di tempo prima che trovassi il tempo di visionare e scrivere un articolo che parlasse di Ringu, thriller/horror del 1998 diretto da Hideo Nakata, tratto dall'omonima opera cartacea di Koji Suzuki.

Reiko Asakawa è una giornalista che sta indagando sulla morte apparentemente inspiegabile di sua nipote e di alcuni ragazzi che pare essere stati vittima di una misteriosa leggenda urbana riguardante una videocassetta. Pare infatti, che chiunque guardi il contenuto di quest'ultima, sette giorni dopo morirà inspiegabilmente. Dopo aver visionato il video insieme al suo ex marito Ryuji Takanama, decide di trovare un modo per spezzare definitivamente la maledizione. Il tempo è poco e ad aumentare l'urgenza del tutto vi è anche il fatto che suo figlio, Yoichi Asakawa, ha visto la videocassetta.

Prima di addentrarci nell'analisi del film, parliamo del suo regista. Hideo Nakata fa il suo debutto nel 1992 con "Honto ni atta kowai hanashi: Jushiryou", una raccolta di tre corti che parlano di tematiche soprannaturali. Quattro anni dopo, nel 1996, dirigerà "Don't Look Up" dove incominciamo a vedere già una versione embrionale di Sadako ovvero della figura folkloristica giapponese chiamata "Yurei" ma di questo ne parleremo dopo. Dopo una breve pausa nel 1997- dove collabora alla realizzazione di "Gakkô no kaidan F"- è la volta, l'anno dopo, del film che lo renderà famoso ovvero "Ringu". Abbiamo quindi un regista che ha lavorato per molti anni con queste tematiche e conosce bene come gestire queste figure folkloristiche.

In Ringu osserviamo una regia minimalista, quasi da serie TV, ma non priva di una quadratura generale. Le poche volte che appare Sadako non sono mai per spaventare lo spettatore ma per metterlo a disagio. Pochi movimenti di camera, centratura del demone nell'inquadratura ed una performance ben riuscita di Rie Ino'o (l'attrice che interpreta Sadako), riescono nell'intento di trasmettere l'ansia necessaria affinché il tutto funzioni. Solo una volta vediamo un dettaglio di Sadako ed è terrificante. Per il resto della pellicola Nakata preferisce concentrarsi su inquadrature a mezza figura facendo "respirare" l'attore ma evitando di rinunciare alla scenografia costruitagli attorno. Grazie a ciò vi è una costante sensazione di oppressione e di urgenza perfettamente in linea con la storia narrata dalla pellicola. Chiarito che dal punto di vista registico il film è ben fatto torniamo alla storia e rispondiamo ad alcune domande.

Prima di esplorare ulteriormente il film chiariamo subito cosa rappresenta Sadako e che tipo di spirito giapponese rappresenti. Questo perché molte volte alcune azioni dei protagonisti ci potranno sembrare strane. Una delle domande che può farsi lo spettatore è: perché i due protagonisti vogliono a tutti i costi trovare il pozzo dove pare essere stata uccisa la ragazza? La risposta è semplice: lo Yurei è lo spirito di una persona che in vita è stata vittima di un omicidio o di un suicidio. Non trovando pace nel mondo degli spiriti, ecco che si trasforma in uno spirito vendicativo portatore di odio e rancore. Di solito queste vittime, a causa della natura della loro morte, non hanno ricevuto nessun tipo di rituale per prepararle all'aldilà. Ecco che quindi i protagonisti, trovando il cadavere di Sadako, sperano che offrendogli una degna sepoltura possano porre fine a tutto ciò. I protagonisti però vengono ingannati perché in realtà pare che allo spirito non interessi tale questione infatti con la morte di Ryuji Takanama, Reiko comprende che il motivo per cui lei è sopravvissuto debba essere un altro. Alla fine della pellicola la protagonista si accorge che lei si è salvata solamente perché ha fatto una copia del filmato e l'ha fatta visionare successivamente all'ex marito. Questo infatti è l'unico modo per scampare da una maledizione che apparentemente non ha mai fine. Un cerchio di dannazione eterno.

Ringu è un'opera importante che è riuscita a sdoganare un certo tipo di horror giapponese. Quello che infatti colpisce oltre alla trama ed a Sadako, è la mancanza di sangue sostituito invece da volti contorti e da un'atmosfera quasi asfissiante. Un film che ha gettato le basi e che è importante per chiunque voglia comprendere l'horror giapponese.