giovedì 27 ottobre 2022

Un pensiero su Ringu 2 (1999) di Hideo Nakata

 Un pensiero su Ringu 2 (1999) di Hideo Nakata

Dopo il fallimento di Rasen, la produzione corse ai ripari producendo in fretta questo nuovo secondo capitolo nella speranza questa volta di fare centro. Per l'occasione venne richiamato alla regia Hideo Nakata e, in meno di un'anno, Ringu 2 arrivò nelle sale giapponesi.


La trama inizia nuovamente dove si era interrotto il primo capitolo. Mai Takano, cerca la ex moglie ed il figlio di Ryuji Takayama (l'uomo a cui faceva da assistente) per comprendere le motivazione della morte improvvisa di quest'ultimo. Una volta trovata Reiko e suo figlio Yoichi, instaura col bambino un rapporto forte ed importante ed insieme i due affronteranno un viaggio per mettere fine definitivamente alla maledizione di Sadako.


Tornato nuovamente alla regia Hideo Nakata mostra nuovamente le finezze che hanno caratterizzato il primo capitolo. Silenzi, montaggi ed effetti speciali sono tutti gestiti bene e, anche se non c'è un vero e proprio salto di qualità nella regia comprendiamo come il regista conosca bene il genere e sappia trattarlo. A differenza di Rasen infatti, il thriller e l'horror si mescolano alla perfezione creando un'atmosfera ben riuscita purtroppo però, questo secondo capitolo non è esente dai difetti. Sul lato narrativo infatti le domande rimangono molte, una fra tutte "perché improvvisamente ogni personaggio di questa pellicola sembra possedere poteri sovrannaturali?" Mai Takano mostra in questo capitolo delle capacità simili a quelle del professore Takayama; Un' aggiunta che reputo dell'ultimo momento dato che nel primo capitolo non si era minimamente accennato a ciò. Come se non bastasse pure Yoichi, che è il vero protagonista di questo film, possiede poteri psichici. In entrambi i casi non vengono date spiegazioni sufficienti e lo spettatore si convince alla fine che tutti quelli che hanno avuto a che fare con Sadako sviluppano tali poteri. Se aggiungiamo a ciò che pure Masami Kurahashi (l'amica della prima vittima di Ringu) possiede energie simili, ne concludiamo che il film ha premuto troppo su questo aspetto rendendo il paranormale alla portata di tutti andando a sminuire una caratteristica che solo Sadako avrebbe dovuto possedere

Un altro problema riguarda l'origine della maledizione in cassetta. Da nastro maledetto, unico nel suo genere, diventa alla portata di tutti. Viene affermato infatti che chiunque potrebbe ritrovarsi nella propria videoteca una copia del nastro rendendo quindi questa maledizione troppo dispersiva per essere gestita anche se, come afferma la ragazza che lo rivela, i ragazzi continuano a copiare e passarsi la cassetta in continuazione. Non ho molto apprezzato quest'ultima dinamica introdotta in quanto mi sembra abbastanza irreale. Possibile fra tutte queste persone, non ce ne sia stata almeno una scettica che poi successivamente sia morta? Davvero tutti credono immediatamente alla storia del video? Mi sembra un po' troppo azzardato, evidentemente gli sceneggiatori volevano rafforzare la leggenda urbana di Sadako nella pellicola non facendo i conti però con gli esiti che sarebbero potuti accadere.

Terzo ed ultimo problema riguarda la natura stessa della maledizione che ora assume un ruolo diverso. Infatti non è il video che uccide ma sembra che sia una sorta di energia negativa che rimane nell'individuo una volta che questo ha visionato il video. Ishi Kawajiri, uno dei professori dell'università dove lavorava Takayama, sviluppa un metodo per liberare le persone come Yoichi da eventuali influssi malefici. Una specie di esorcismo tecnologico. Se da un punto di vista narrativo poteva anche interessare, dal lato pratico quest'ultimo argomento è trattato per troppo tempo rischiando di annoiare lo spettatore fra esperimenti e dimostrazioni varie. Certo, siamo ben lontani dal Virus di Rasen - una delle cose più criticate del film - ma rimane comunque un elemento che contribuisce a rendere più "terrena" la forza di Sadako


Ringu 2 è un secondo capitolo che riesce a malapena a reggersi sulle sue gambe e sembra si regga sulla fama del primo capitolo. Certo, è un seguito, e come tale è giusto che riprenda molte tematiche e personaggi ma la pellicola non approfondisce in maniera soddisfacente i personaggi del primo capitolo. Se a ciò aggiungiamo una recitazione non proprio esaltante, ci troviamo di fronte ad una pellicola che esce a malapena dalla mediocrità. Consigliato a chi è amante del genere e per chi è curioso come apparentemente Sadako venga sconfitta.








martedì 25 ottobre 2022

Un pensiero su Rasen (1998) di Joji Lida, il sequel perduto di Ringu

 Un pensiero su Rasen (1998) di Joji Lida, il sequel perduto di Ringu


Prima di parlare di Ringu 2 - seguito oramai ufficiale del primo capitolo - è bene parlare di Rasen in modo tale da dare al lettore un contesto chiarificatore di cui potrebbe necessitare se volesse recuperare la quadrilogia di Ringu.

Rasen inizialmente nasce come sequel diretto a Ringu, non a caso è stato girato e distribuito nelle sale nello stesso periodo dell'opera prima ma ha un problema. Nonostante attingesse all'opera di Koji Suzuki, si rivelò un completo fiasco e questo portò la produzione a preparare in fretta e furia un altro secondo capitolo. I motivi di tale insuccesso sono molti e cercherò di evidenziarli in maniera chiara nell'articolo ma prima, un breve incipit della trama.


Dopo gli eventi accaduti nel primo film, il corpo del professore Ryuji Takayama viene sottoposto ad una autopsia da uno dei suoi amici, il patologo Mitsuo Ando il quale scopre un messaggio cifrato all'interno del suo stomaco. Reiko, la moglie del professore e suo figlio Yoichi risultano invece vittima di un incidente stradale misterioso. Poco tempo dopo il patologo viene a scoprire della maledizione della cassetta e, spinto da curiosità, decide di visionarne una copia. 


La regia di Rasen, pur essendo basilare come quella di Hideo Nakata, non riesce comunque a veicolare nessun tipo di messaggio. Non vi è nessuna finezza tecnica né costruzione quadrata; Alla fine del film dubiterete persino di aver visto un horror o un thriller dato che i due generi non sono minimamente presenti nella pellicola. Durante la pellicola verranno introdotti elementi che messi insieme creeranno un confusionario puzzle ma soprattutto tenderanno a decostruire il concetto di maledizione del primo capitolo sostituendolo con elementi più terreni. La rinascita carnale di Sadako e la sua identità androgina potevano anche essere elementi interessanti su cui fondare la pellicola ma sono tutti trattati in maniera troppo superficiale e con una scrittura veramente insufficiente. Proprio a causa di quest'ultima infatti il messaggio finale non arriva completamente allo spettatore o, se lo fa, lo lascia ancora di più nella confusione. Infine per quanto riguarda gli attori devo dire che non ricordo nessuna interpretazione memorabile anzi molte volte mi sembrano molto sottotono.

Rasen è un film che purtroppo si fa carico di un' eredità troppo pesante. Da qualunque parte lo si guardi non risulta minimamente sufficiente ad intrattenere lo spettatore. Una scrittura completamente confusa, unita ad una regia veramente scadente, lo rendono purtroppo un prodotto evitabile. Consigliato solo a chi voglia recuperare proprio tutto dell'universo di Ringu, gli altri possono tranquillamente passare oltre.






lunedì 24 ottobre 2022

Un pensiero su Ringu (1998) di Hideo Nakata

Un pensiero su Ringu (1998)


Chi legge questo blog conosce bene la mia passione per il cinema orientale, tanto da dedicargli una sezione apposita per trattare tali opere. Era quindi questione di tempo prima che trovassi il tempo di visionare e scrivere un articolo che parlasse di Ringu, thriller/horror del 1998 diretto da Hideo Nakata, tratto dall'omonima opera cartacea di Koji Suzuki.

Reiko Asakawa è una giornalista che sta indagando sulla morte apparentemente inspiegabile di sua nipote e di alcuni ragazzi che pare essere stati vittima di una misteriosa leggenda urbana riguardante una videocassetta. Pare infatti, che chiunque guardi il contenuto di quest'ultima, sette giorni dopo morirà inspiegabilmente. Dopo aver visionato il video insieme al suo ex marito Ryuji Takanama, decide di trovare un modo per spezzare definitivamente la maledizione. Il tempo è poco e ad aumentare l'urgenza del tutto vi è anche il fatto che suo figlio, Yoichi Asakawa, ha visto la videocassetta.

Prima di addentrarci nell'analisi del film, parliamo del suo regista. Hideo Nakata fa il suo debutto nel 1992 con "Honto ni atta kowai hanashi: Jushiryou", una raccolta di tre corti che parlano di tematiche soprannaturali. Quattro anni dopo, nel 1996, dirigerà "Don't Look Up" dove incominciamo a vedere già una versione embrionale di Sadako ovvero della figura folkloristica giapponese chiamata "Yurei" ma di questo ne parleremo dopo. Dopo una breve pausa nel 1997- dove collabora alla realizzazione di "Gakkô no kaidan F"- è la volta, l'anno dopo, del film che lo renderà famoso ovvero "Ringu". Abbiamo quindi un regista che ha lavorato per molti anni con queste tematiche e conosce bene come gestire queste figure folkloristiche.

In Ringu osserviamo una regia minimalista, quasi da serie TV, ma non priva di una quadratura generale. Le poche volte che appare Sadako non sono mai per spaventare lo spettatore ma per metterlo a disagio. Pochi movimenti di camera, centratura del demone nell'inquadratura ed una performance ben riuscita di Rie Ino'o (l'attrice che interpreta Sadako), riescono nell'intento di trasmettere l'ansia necessaria affinché il tutto funzioni. Solo una volta vediamo un dettaglio di Sadako ed è terrificante. Per il resto della pellicola Nakata preferisce concentrarsi su inquadrature a mezza figura facendo "respirare" l'attore ma evitando di rinunciare alla scenografia costruitagli attorno. Grazie a ciò vi è una costante sensazione di oppressione e di urgenza perfettamente in linea con la storia narrata dalla pellicola. Chiarito che dal punto di vista registico il film è ben fatto torniamo alla storia e rispondiamo ad alcune domande.

Prima di esplorare ulteriormente il film chiariamo subito cosa rappresenta Sadako e che tipo di spirito giapponese rappresenti. Questo perché molte volte alcune azioni dei protagonisti ci potranno sembrare strane. Una delle domande che può farsi lo spettatore è: perché i due protagonisti vogliono a tutti i costi trovare il pozzo dove pare essere stata uccisa la ragazza? La risposta è semplice: lo Yurei è lo spirito di una persona che in vita è stata vittima di un omicidio o di un suicidio. Non trovando pace nel mondo degli spiriti, ecco che si trasforma in uno spirito vendicativo portatore di odio e rancore. Di solito queste vittime, a causa della natura della loro morte, non hanno ricevuto nessun tipo di rituale per prepararle all'aldilà. Ecco che quindi i protagonisti, trovando il cadavere di Sadako, sperano che offrendogli una degna sepoltura possano porre fine a tutto ciò. I protagonisti però vengono ingannati perché in realtà pare che allo spirito non interessi tale questione infatti con la morte di Ryuji Takanama, Reiko comprende che il motivo per cui lei è sopravvissuto debba essere un altro. Alla fine della pellicola la protagonista si accorge che lei si è salvata solamente perché ha fatto una copia del filmato e l'ha fatta visionare successivamente all'ex marito. Questo infatti è l'unico modo per scampare da una maledizione che apparentemente non ha mai fine. Un cerchio di dannazione eterno.

Ringu è un'opera importante che è riuscita a sdoganare un certo tipo di horror giapponese. Quello che infatti colpisce oltre alla trama ed a Sadako, è la mancanza di sangue sostituito invece da volti contorti e da un'atmosfera quasi asfissiante. Un film che ha gettato le basi e che è importante per chiunque voglia comprendere l'horror giapponese.




mercoledì 12 ottobre 2022

Il Signore degli Anelli: La Terza Era, un tie-in riuscitissimo


 

Ultimamente l'universo de "Il Signore degli Anelli" è nuovamente sotto gli occhi di tutti grazie alla serie amazon "Gli Anelli del Potere". L'articolo però in questione non vuole parlare di quest'ultima bensì de "La Terza Era", gioco di ruolo sviluppato da EA Games e uscito nel 2004.

Storia


Berethor è un soldato della guardia di Gondor e viene incaricato dal sovraintendente Denethor di mettersi in contatto con Boromir, suo figlio, partito per Gran Burrone. Mentre attraversava le lande dell'Eregion, il protagonista viene attaccato dai Nazgul e viene quasi ucciso se non fosse per Idrial, una giovane elfa al servizio di dama Galadriel che lo salva da tale minaccia. Insieme i due iniziano a collaborare per raggiungere i propri obbiettivi esplorando la terra di mezzo ed incontrando altri compagni di avventura.


Sotto questo punto di vista la storia è molto lineare, un semplice pretesto per far rivivere al giocatore i luoghi iconici e gli eventi importanti delle tre pellicole. Combatterete lungo l'Eregion ed esplorerete Moria fino ad arrivare ad oriente dove vi aspetteranno Rohan, Minas Tirith e tanto altro ancora; il tutto mentre ascolterete gli eventi che accadono nella terra di mezzo tramite filmati presi direttamente dalla trilogia.

Sono rimasto soddisfatto da come, nonostante sia una storia del tutto originale e fuori dal canone Tolkeniano, quest'ultima riesca ad inserirsi in maniera perfetta nei film. Non ci saranno infatti forzature né scelte invasive ed il tutto sarà quindi molto piacevole.

Gameplay


Come già scritto nell'introduzione, il titolo è un gioco di ruolo. Avremo quindi un party composto da un massimo di tre personaggi con la possibilità di cambiare durante la battaglia ognuno di essi con un guerriero in riserva. Mano a mano che vinceremo le battaglie, saliremo di livello e potremo investire i punti guadagnati in vari attributi dei nostri personaggi. Sarà quindi importante gestire bene la crescita dei nostri combattenti in modo da costruire un team variegato ed adatto a tutte le situazioni. Oltre a quest'ultimo potremo anche far imparare nuove abilità ai nostri personaggi, per fare ciò basta semplicemente utilizzarle il più possibile in modo tale da accumulate punti per l'abilità voluta.

A completare la costruzione del nostro personaggio ci saranno armi, armature e vari accessori che oltre a fornire bonus classici possono anche averne altri. Devo ammettere che l'equipaggiamento, oltre ad essere indispensabile, è anche bello da vedere e riprende a piene mani l'estetica del film.

Mentre esplorerete il mondo di gioco potrete completare piccole missione secondarie che alcune volte vi ricompenseranno con punti esperienza mentre altre vi garantiranno equipaggiamento aggiuntivo. A proposito di esplorazione, forse è questo il punto più dolente del titolo. Nonostante quest'ultima ricompensi sempre bisogna ammettere che il gioco è settato su corridoi. Non ci saranno ampie zone né grandi diramazioni e questo alla lunga può dare la sensazione al giocatore di essere sempre guidato e mai veramente lasciato libero.


Comparto Tecnico


Il gioco graficamente è molto gradevole e, avendo la licenza completa della trilogia, attinge completamente a quest'ultima. Non vi sono nemici originali e questo gioca all'immersione del giocatore che respirerà proprio l'aria del signore degli anelli. Molte ambientazioni saranno proprio come quelle del film, altre invece, nonostante siano create a posta per il titolo, avranno rispetto dell'opera da cui attingono.

Per quanto riguarda gli effetti di luce sono più che sufficienti infatti le abilità, pur non brillando di originalità, riescono comunque ad essere caratterizzate in maniera soddisfacente.

Commento Finale

Nei primi anni duemila i tie-in - i giochi tratti dai vari film presenti in sala - era generalmente mediocri.Di solito offrivano un'esperienza mordi e fuggi e non avevano una propria anima, in questo caso però ci troviamo di fronte ad un gioco di ruolo solido ed interessante che, pur non stravolgendo nessuna formula del genere a cui appartiene, riesce ad offrire agli amanti del signore degli anelli un'esperienza eccezionale. Le licenze sono qui sfruttate tutte molte bene a partire dal design delle creature fino ai nomi di oggetti o abilità che citano grandi guerreri del passato o terre remote. Se a ciò aggiungiamo un comparto sonoro preso direttamente dai film, ecco che ci troviamo di fronte ad uno dei prodotti meglio riusciti degli scorsi anni.



venerdì 7 ottobre 2022

Un pensiero su Samaritan di Julius Avery


Un pensiero su Samaritan di Julius Avery


Ci sono quelle serate che non sai cosa guardare e passi quasi una buona ventina di minuti a scegliere il film. A quel punto potrebbe capitare che, spinto dalla noia, ti rifugi nel primo film che trovi essere il più sempliciotto. Più o meno è quello che mi ha spinto stasera a vedere Samaritan, film del 2022 e diretto da Julius Avery. Qui di seguito le mie impressioni.

Il film inizia raccontando la storia di due fratelli gemelli nati con una forza straordinaria che ad un certo punto vengono aggrediti dalla popolazione spaventata che appicca un incendio alla loro abitazione. In quest'ultimo purtroppo muoiono i genitori dei ragazzi ed ognuno dei ragazzi reagisce in maniera differente al lutto. Uno diventa Samaritan, l'eroe delle persone e beniamino della società mentre l'altro assume il ruolo di nemesis e minaccia quest'ultima istigando continuamente le classi più povere all'anarchia. Dopo anni di scontri i due si battono per un'ultima volta in una centrale e Nemesis perde definitivamente la vita inghiottito dalle fiamme. Passano esattamente 25 anni e troviamo Sam Cleary, ragazzino con una passione incredibile per l'eroe che fu Samaritan. Durante le sue indagini giornaliere alla ricerca del suo beniamino si imbatte in Joe Smith, un vecchio netturbino che sembra ricordi a Sam il super eroe da lui tanto amato e lo seguirà per scoprire se si tratti realmente di lui o se è solo l'ennesima speranza infranta.

Partiamo subito col dire che il film, nonostante una buona dose di violenza, ha un target molto basso ma non mi aspettavo che anche la qualità lo fosse. Il film è un concentrato di stereotipi e cliché che lascia basiti. Come se non bastasse gli attori non hanno idea di cosa significhi recitare e Stallone è oramai arrivato al punto che non riesce più a sostenere una scena d'azione come si deve. La battaglia finale è quanto di più imbarazzante si possa vedere con uno Sly che a fatica si destreggia nella coreografia e sembra che colpisca completamente a caso

Se poi dobbiamo parlare della trama - escluso il colpo di scena verso la fine molto carino - si capisce che è stata buttata giù in fretta. Reazioni incomprensibili, scene tagliate alla buona, tutto sembra essere frutto di un film che doveva essere forse qualcosa di più. Ci sono scene letteralmente inutili che durano troppo e che mangiano tempo a cose che dovevano essere esplorate a fondo. Sam vuole imparare a combattere poi dopo tre minuti mentre si scalda decide che non vuole più farlo abbozzando frasi trite e ritrite, poi il cattivo gli insegna a fischiare, poi mangia un hamburger con la ragazza di quest'ultimo mentre gli spiega la sua storia che non interessa a nessuno, poi esplode qualcosa, poi Stallone viene investito e poi vi rompete le palle oppure lo continuate.

Samaritan è veramente un film brutto, uno di quelli che non ti spieghi. Salvato solo dallo streaming perché se una roba cosi fosse uscita al cinema a quest'ora mezze sale americane avrebbero preso fuoco a causa degli spettatori esasperati.

Cosi si salva quindi? Nulla. Esistono film più leggeri e meno pretenziosi di questo che fanno bene il suo lavoro.



Samaritan è disponibile su Amazon Prime Video




sabato 1 ottobre 2022

Un pensiero su Sir Gawain e il Cavaliere Verde di David Lowery

Sir Gawain e il Cavaliere Verde (The Green Knight) è un film del 2021 prodotto, scritto, diretto e montato da David Lowery.
Avrei voluto realmente scrivere qualcosa di sostanzioso su Sir Gawain: un confronto con l'opera originale del XIV secolo, una riflessione sulla trasposizione, un pensiero sulla trama ma qui c'è da scrivere realmente poco e purtroppo non bene.


Gawain, nipote di re Artù, è un assiduo frequentatore di bordelli che aspira a diventare cavaliere della tavola rotonda per motivi che nemmeno lui saprà spiegare per tutto il film. Durante il Natale, mentre il re, i suoi cavalieri e lui festeggiano la ricorrenza, si presenta un cavaliere verde che lancia una sfida ad uno dei cavalieri lì presenti. Gawain si fa avanti e taglia la testa alla misteriosa figura ma dovrà rispettare le regole che quest'ultimo aveva citato poco prima; dopo un anno infatti si dovrà recare da lui alla cappella verde e ricevere lo stesso identico colpo che gli è stato inflitto. Il cavaliere verde prende quindi la testa e lascia la corte.

Dopo i primi 10 minuti mi sono reso conto di aver a che fare con un'opera completamente diversa rispetto al classico e questo non ha suscitato in me grande euforia in quanto per me le trasposizioni di classici - specie quelle che hanno un impatto importante nei contesti socio culturali - devono essere quanto più possibili fedeli al materiale di riferimento. Nonostante le già citate perplessità, proseguo con la visione fino al punto in cui capisco che oramai il film ha preso una direzione completamente diversa, accorgendomi nel mentre che quello che voleva narrare non riusciva ad essere veicolato nel migliore dei modi. Le prove che affronterà Gawain durante il viaggio verso la cappella verde sono tutte confuse e sembrano non arrivare mai a niente; vittima di una rapina, campione di uno spettro a cui deve recuperare la testa, dialoghi con giganti e tentazioni lussuriose sono vicende a cui lo spettatore non riuscirà a dare un vero e proprio senso, la sensazione infatti che siano messe lì solo come riempitivo è molto alta.


Le uniche cose che sembrano a cuore del regista sono la patinatura eccessiva in ogni inquadratura e quella sensazione di autorialità che vuole trasmettere. La fotografia infatti è la cosa che più volte mi ha lasciato perplesso, non capisco sinceramente la scelta di cambiare così tante volte tonalità a quest'ultima finendo non per caratterizzare ogni scena ma per rendere tutto il film un mosaico senza forma. Un caleidoscopio che lascia spiazzati e confusi per la mancanza di collegamento fra scene. Una post produzione talmente pesante ed invadente che ha ucciso il profilmico e lascia interdetti chi visiona il tutto.

Sir Gawain ed il cavaliere verde è il perfetto esempio di come il tocco personale di un'artista deve essere tenuto a freno quando tocca un'opera che non appartiene né a lui né a noi ma alle correnti del tempo.