lunedì 24 ottobre 2022

Un pensiero su Ringu (1998) di Hideo Nakata

Un pensiero su Ringu (1998)


Chi legge questo blog conosce bene la mia passione per il cinema orientale, tanto da dedicargli una sezione apposita per trattare tali opere. Era quindi questione di tempo prima che trovassi il tempo di visionare e scrivere un articolo che parlasse di Ringu, thriller/horror del 1998 diretto da Hideo Nakata, tratto dall'omonima opera cartacea di Koji Suzuki.

Reiko Asakawa è una giornalista che sta indagando sulla morte apparentemente inspiegabile di sua nipote e di alcuni ragazzi che pare essere stati vittima di una misteriosa leggenda urbana riguardante una videocassetta. Pare infatti, che chiunque guardi il contenuto di quest'ultima, sette giorni dopo morirà inspiegabilmente. Dopo aver visionato il video insieme al suo ex marito Ryuji Takanama, decide di trovare un modo per spezzare definitivamente la maledizione. Il tempo è poco e ad aumentare l'urgenza del tutto vi è anche il fatto che suo figlio, Yoichi Asakawa, ha visto la videocassetta.

Prima di addentrarci nell'analisi del film, parliamo del suo regista. Hideo Nakata fa il suo debutto nel 1992 con "Honto ni atta kowai hanashi: Jushiryou", una raccolta di tre corti che parlano di tematiche soprannaturali. Quattro anni dopo, nel 1996, dirigerà "Don't Look Up" dove incominciamo a vedere già una versione embrionale di Sadako ovvero della figura folkloristica giapponese chiamata "Yurei" ma di questo ne parleremo dopo. Dopo una breve pausa nel 1997- dove collabora alla realizzazione di "Gakkô no kaidan F"- è la volta, l'anno dopo, del film che lo renderà famoso ovvero "Ringu". Abbiamo quindi un regista che ha lavorato per molti anni con queste tematiche e conosce bene come gestire queste figure folkloristiche.

In Ringu osserviamo una regia minimalista, quasi da serie TV, ma non priva di una quadratura generale. Le poche volte che appare Sadako non sono mai per spaventare lo spettatore ma per metterlo a disagio. Pochi movimenti di camera, centratura del demone nell'inquadratura ed una performance ben riuscita di Rie Ino'o (l'attrice che interpreta Sadako), riescono nell'intento di trasmettere l'ansia necessaria affinché il tutto funzioni. Solo una volta vediamo un dettaglio di Sadako ed è terrificante. Per il resto della pellicola Nakata preferisce concentrarsi su inquadrature a mezza figura facendo "respirare" l'attore ma evitando di rinunciare alla scenografia costruitagli attorno. Grazie a ciò vi è una costante sensazione di oppressione e di urgenza perfettamente in linea con la storia narrata dalla pellicola. Chiarito che dal punto di vista registico il film è ben fatto torniamo alla storia e rispondiamo ad alcune domande.

Prima di esplorare ulteriormente il film chiariamo subito cosa rappresenta Sadako e che tipo di spirito giapponese rappresenti. Questo perché molte volte alcune azioni dei protagonisti ci potranno sembrare strane. Una delle domande che può farsi lo spettatore è: perché i due protagonisti vogliono a tutti i costi trovare il pozzo dove pare essere stata uccisa la ragazza? La risposta è semplice: lo Yurei è lo spirito di una persona che in vita è stata vittima di un omicidio o di un suicidio. Non trovando pace nel mondo degli spiriti, ecco che si trasforma in uno spirito vendicativo portatore di odio e rancore. Di solito queste vittime, a causa della natura della loro morte, non hanno ricevuto nessun tipo di rituale per prepararle all'aldilà. Ecco che quindi i protagonisti, trovando il cadavere di Sadako, sperano che offrendogli una degna sepoltura possano porre fine a tutto ciò. I protagonisti però vengono ingannati perché in realtà pare che allo spirito non interessi tale questione infatti con la morte di Ryuji Takanama, Reiko comprende che il motivo per cui lei è sopravvissuto debba essere un altro. Alla fine della pellicola la protagonista si accorge che lei si è salvata solamente perché ha fatto una copia del filmato e l'ha fatta visionare successivamente all'ex marito. Questo infatti è l'unico modo per scampare da una maledizione che apparentemente non ha mai fine. Un cerchio di dannazione eterno.

Ringu è un'opera importante che è riuscita a sdoganare un certo tipo di horror giapponese. Quello che infatti colpisce oltre alla trama ed a Sadako, è la mancanza di sangue sostituito invece da volti contorti e da un'atmosfera quasi asfissiante. Un film che ha gettato le basi e che è importante per chiunque voglia comprendere l'horror giapponese.




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