martedì 29 novembre 2022

Un pensiero su Train to Busan di Yeon Sang-Ho (2016)

Il mondo del cinema è pieno film sugli zombi o sugli infetti. Sono talmente tanti che è difficile pure ad oggi quantificarli. Molti sono sono semplici film di genere che tramite lo splatter offrono un mero divertimento al pubblico, altri ancora - come ad esempio le opere di Romero - sfruttano quest'ultimo per mandare un messaggio socio politico allo spettatore. Il secondo caso riguarda Train to Busan, opera di Yeon Sang-ho uscito nei cinema coreani nel 2016.

Seok-woo è un consulente finanziario da poco separato che sembra, a causa del lavoro, avere poco tempo da dedicare alla piccola figlia, Soo-an. Un giorno la bambina esprime il desiderio che, per il proprio compleanno, possa andare a trovare la madre a Busan. Il padre, riluttante all'idea di far andare la piccola da sola, decide di accompagnarla. Una volta sul treno - un'epidemia che trasforma le persone in pericolosi infetti raggiunge il suo culmine ed i due - insieme ad altri sconosciuti, si troveranno a sopravvivere per arrivare sani e salvi a Busan, unica città che sembra essere al riparo da tale minaccia.

Prima di proseguire ricordo che questa è un'analisi di punti chiave della trama e che quindi anticipano eventi importanti. Prima di leggere questo articolo, sarebbe bene visionare prima la pellicola.

Train to Busan è un film che, come accennato nell'introduzione, sfrutta il genere per raccontare in realtà una storia ben più profonda e nasconde delle chicche interessanti. Prima di essere infatti una storia sugli infetti è una storia sulla natura e sulle relazioni umane.Non importa che vi siano eventi catastrofici o altro, anche gli eventi quotidiani possono destabilizzare la nostra normalità E' bene quindi tenere a mente che è proprio durante quest'ultima che dovremmo goderci un po' più le cose. Evitiamo una litigata senza senso, stiamo insieme alle persone a cui vogliamo bene ma soprattutto cerchiamo sempre di fare la scelta giusta quando ci si presenta l'occasione. Questo è quello che Train to Busan cerca di trasmettere ed è quello che, presi dal turbinio dalla vita moderna, non ci rendiamo conto. La pellicola in questo caso è realista, non da per scontato nulla né cerca il pessimismo ad ogni costo quanto cerca di sottolineare quanto l'altruismo è la chiave per una vita davvero degna di essere vissuta. L'esempio più eclatante è il magnate che sacrifica letteralmente tutti durante il suo percorso alla ricerca di una salvezza per poi morire in solitudine ed ucciso da colui che, durante l'avventura, ha compreso che l'altruismo permette di vivere in maniera profonda ed armoniosa. Quando quest'ultimo ci lascia - ricordandoci che essere buoni non è né una debolezza né purtroppo uno scudo invincibile- riesce però a farlo con l'immagine della figlia impressa negli occhi. Ecco quindi nascere la dicotomia fra i due personaggi necessaria a capire che non è importante sopravvivere a tutti i costi, quanto vivere avendo una buona morale e allora persino la morte non farà più paura anzi. Dimenticatevi inutili jump scare o momenti splatter, qui gli infetti fungono da catalizzatore per mettere la natura dei personaggi in mostra e, come avete potuto leggere, centra in pieno il bersaglio. Tornando a parlare del protagonista, possiamo interpretare il suo viaggio verso Busan come un percorso di redenzione e comprensione. E' molto triste vedere nei primi minuti un padre che non riesce a dialogare con la figlia né a comprenderne le esigenze ma soprattutto vivere una vita moralmente più accettabile. Il suo mestiere infatti - ricordandoci che è un consulente azionario - è quello di speculare sulle perdite altrui e di calpestare il più debole. Nella seconda scena del film lo vediamo vendere titolo azionari che potrebbero destabilizzare il mercato ma lui, incurante delle possibile conseguenze, prosegue nella vendita. Interessante notare come un suo sottoposto ad un punto del film si colpevolizza in quanto quei titoli potrebbero aver scatenato - anche se non direttamente - l'epidemia. Ecco un altro prezioso parallelismo che si palesa davanti a noi. Possiamo trovare un'analogia fra gli infetti e la classe più povera della Corea del Sud? Sì, forse Busan parla anche di questo, parla della classe dominante che, presa dai suoi affari, schiaccia il più debole fregandosene altamente di cosa potrebbe provare quest'ultima. Viviamo in un mondo estremamente capitalista che sembra andare sempre di più verso una direzione consumistica estrema. Tutto ha un prezzo ed in questo caso, persino la vita delle persone. Possiamo quindi sentire un sapore romeriano se analizziamo così l'opera. Ricordiamoci ancora le azioni del magnate. Il suo continuo e -non per niente casuale- "spingere" le persone verso gli infetti per salvarsi non è altro che spingere la classe più povera verso la rabbia della moltitudine. Lui si salva ingannando e indirizzando le persone verso la strada più pericolosa. Il suo egoismo è al limite del disgusto e la sua morte però è quanto di più tragica possa capitare. E' vero, vorremmo per soddisfare il nostro senso di giustizia, vedere quest'uomo fatto a pezzi ma quando si presenta davanti al protagonista infetto, in cerca d'aiuto e disperato per tornare dalla madre, non possiamo che provare una breve compassione. Anche le persone più disgustose hanno un'anima e questo la pellicola ci tiene a ricordarcelo. Un altro tema che ha a cuore il film è il tempo e come erroneamente molte volte lo sprechiamo rimandando. Il giovane giocatore di baseball è quasi infastidito dalla ragazza cheerleader che gli va dietro ma, durante gli eventi della pellicola comprende l'importanza che ha la ragazza nella sua vita. Il loro destino mette tristezza ma serve a ricordarci che la quantità di tempo non la decidiamo noi ed è bene quindi - ovviamente senza furia né azzardi - cogliere le occasioni che si presentano a noi. Alla fine chi sopravvive a questa tragedia? Una bambina ed una donna incinta. Non voglio premere troppo sui parallelismi rischiando di forzare un significato ma forse non sono stati scelti a caso. La speranza di un mondo migliore è in mano alla generazione che verrà perché la precedente ha dimostrato di non aver capito l'importanza del bene nel mondo. Ecco che quindi passiamo alla semplice canzone cantata dalla bambina nel finale che funge come ancora di salvezza per le due che altrimenti sarebbero rimaste uccise sotto i colpi dei militari.

Compreso che la chiave di lettura per il film è questa, passiamo al lato tecnico, forse quello di minore importanza di fronte ad una trama cosi potente ed impattante. Il regista dimostra durante tutta la pellicola di avere in mano la situazione anche durante le fasi più concitate. L'azione viene sempre seguita bene e, tenendo conto che gli attori recitano in uno spazio veramente contenuto, non era per niente facile. La macchina da presa sa indugiare sugli infetti specialmente quando quest'ultimi si muovono per attaccare e raramente quando sono fermi a non fare nulla per consegnarci una caratterizzazione di quest'ultimi veramente letale, aggressiva e rapida. Ci sono sequenze che ricorrono alla CGI e purtroppo qui notiamo che non è proprio di qualità eccellente ma, considerando tutti gli altri aspetti positivi, la considero una cosa da poco. Concludo citando l'ottimo montaggio che garantisce la film un ritmo davvero incredibile.


Gli attori dal canto loro riescono ad essere sempre convincenti, i loro personaggi sono ben delineati e non sono mai scontati. Nonostante il messaggio del film sia l'altruismo, questo non viene mai veicolato dai personaggi in maniera stucchevole risultando invece credibili ed affascinanti.

Train to Busan è un film che incoraggia la buona azione, la cooperazione fra essere umano ed alla lotta contro tutto ciò che è sbagliato e lo fa utilizzando come mezzo un "semplice" film sugli infetti. Un'ottima regia ed un cast convincente riescono ad elevare quest'opera ad alti livelli e senza ombra di dubbio questo film entra di diritto fra i migliori film sugli infetti degli ultimi anni.

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