giovedì 24 novembre 2022

Un Pensiero su I'm a Cyborg, but that's ok di Park Chan-Wook (2006)

Il mondo di Park Chan.Wook è un mondo strano, grottesco e dalla violenza sconcertante. La sua trilogia della vendetta incarna perfettamente tutti questi aggettivi consegnandoci film dal sapore dolce amaro. Ad una prima impressione fa quindi un po' strano vedere Park Chan-Wook alle prese con una commedia romantica come I'm a Cyborg, but that's ok (I'm a Cyborg d'ora in avanti) in quanto il regista sembra allontanarsi dalla sua confort zone per consegnarci un'opera dai tratti diversi. In realtà, I'm a Cyborg è Park Chan-Wook al 100% sotto mentite spoglie.



Young-goon è una giovane ragazza che è cresciuta insieme alla nonna. Il rapporto fra i due è molto forte tanto che la ragazza soffrirà molto il giorno in cui la nonna, a causa della sua schizofrenia, verrà portata in un istituto mentale. Negli anni successivi la ragazza, mentre si trova sul posto di lavoro, si taglia le vene e vi infila dei cavi elettrici perché convinta di essere un cyborg. In realtà, questa convinzione è antecedente all'incidente ma di questo ne parlerà il film successivamente. Purtroppo però questo suo gesto la porta a finire a sua volta in un istituto mentale dove farà la conoscenza di Park Il-Soon, un cleptomane sociopatico che ha la paura di svanire. I due iniziano a instaurare un rapporto atipico che li porterà a vivere situazioni paradossali.

I'm a Cyborg si presenta apparentemente quindi come una commedia romantica leggera ma, come citato già all'inizio, in realtà questa è una maschera che il regista abilmente riesce a mettere al film. Durante infatti la prima parte l'opera si mostra diversa rispetto ai primi minuti. Incominciano a far capolino le riflessioni, i problemi esistenziali ed una forte dose di violenza. Sì, perché durante le sue allucinazioni, la protagonista immagina di fare stragi di dottori nell'istituto in quanto ritenuti da lei colpevoli di aver preso sua nonna. Ecco che dunque emerge, anche se sotto mentite spoglie, la violenza che caratterizza il regista. Vi saranno infatti momenti di puro esistenzialismo dove la protagonista si interrogherà sul suo scopo nella vita e successivamente come realizzarlo. Nel mentre il rapporto con Park Il-Soon si solidifica fino al momento in cui quest'ultimo aiuterà la ragazza a riprendere a mangiare in un modo assolutamente originale che non voglio svelare.

I'm a Cyborg riesce anche ad alternare momenti di ilarità come ad esempio le risse per futili motivi fra i pazienti a dolori ricordi che la protagonista ha della nonna. Perché se è vero che il film non dice in maniera esplicita cosa possa aver causato questa patologia nella ragazza è altresì vero che lo sussurra allo spettatore con scene molto ricercate. Prendiamo ad esempio le regole del perfetto cyborg che Young-goon segue; non avere compassione, non emozionarsi e non fantasticare sono solo alcune delle imposizioni che la protagonista fa su sé stessa. Queste regole non sono altro che il frutto di un adolescenza purtroppo malsana, vissuta in un ambiente dove non vi era una d'espressione. La madre sempre molto lontana dalla figlia - a causa dell'attività che possedeva - spingeva la figlia a non dire a nessuno che lei pensava di essere un cyborg. Ecco che quindi una normale fantasia da bambini, si trasforma in una nevrosi. Le regole citate poc'anzi sono infatti rappresentate nella sua mente con un libro di illustrazioni per bambini segno che il trauma è avvenuto in quel periodo. Risolutivo sarà la confessione che la ragazza farà alla dottoressa verso la fine del film. Per il medico infatti non c'era nessun problema ed aprirsi e, avere fiducia, è il primo passo verso la guarigione.

La guarigione che però intende questo film non è tanto la fine della nevrosi quanto accettare la natura di sé stessi - o di quello che pensiamo di essere - e di vivere nel bene e nel male la nostra vita. Il finale da questo punto di vista è quanto più di poetico Park Chan-Wook abbia scritto. Un arcobaleno appare dopo una tempesta e se con molta fantasia lo osserviamo bene ci ricorda un cavo elettrico che collega il cielo e la terra.

Alla fine del film rimarranno molte domande allo spettatore "i due ragazzi hanno trovato una felicità duratura?", "La protagonista riuscirà a "guarire"?" A noi però queste domande non ci dovrebbero interessare. Non importa aprire manuali di psicologia per comprendere che il messaggio del film è quello che in sordina viene ripetuto per tutta la pellicola "nel bene e nel male bisogna vivere".

Passando al lato tecnico cosa dire della regia di Park Chan-Wook? il regista come al solito dimostra di avere un occhio poetico incredibile, ogni scena non è mai fine a sé stessa ma comunica uno stato d'animo o veicola un messaggio da cogliere. Quando decide di zoomare, lo fa per accentuare la comicità di una situazione e quando decide di muovere a spalla la telecamera riesce sempre a stare dietro l'azione evitando di perdersi in inutili giri. La meravigliosa fotografia accentua la vena leggera ma importante dell'opera. Passiamo da dei toni accesi ma asettici come il rosso a dei delicati verdi veicolati da una grande scenografia. La messa in scena è ottima ed il montaggio, si prende i suoi tempi, rendendo il film lento ma godibile.

I'm a Cyborg è un film che tocca vette altissime. Temi come ad esempio la salute mentale e l'esistenzialismo umano sono trattati con il massimo rispetto e con quella vena ironica che non guasta mai per non appesantire l'argomento. Park Chan-Wook riesce ancora una volta a dare il meglio di sé con un'ottima regia dal sapore onirico e con una fotografia a dir poco fantastica. Una pellicola che consiglio di recuperare per riuscire ad apprezzare quanto di bello può fare il cinema. I'm a Cyborg fa star bene l'anima.


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