mercoledì 19 gennaio 2022

Un pensiero su Violent Cop di Takeshi Kitano

La strada che conduce a Takeshi Kitano

Takeshi Kitano è uno di quegli autori che scopri per caso o per consiglio di un amico. Chi è un esperto di cinema lo conoscerà senz'altro ma chi, come me, è un semplice appassionato imbattersi in Kitano non è per nulla scontato. Se a ciò aggiungiamo pure la non facile lettura di alcune sue opere, ecco che senza una guida rischiamo di non goderci appieno uno dei registi più importanti degli ultimi trent'anni.

Dopo aver visto quasi per caso "Outrage" ed "Outrage Beyond", decido di interessarmi alla filmografia del regista e riesco a recuperare una delle sue opere più importanti, "Sonatine". L'impatto è estremamente forte ma questa è un'altra storia, per un altro articolo. Successivamente decido di acquistare qualche suo film e trovo su Amazon un cofanetto contenente Violent Cop, Boiling Point e Sonatine. Nonostante quest'ultimo l'avessi già visto, decido di acquistarlo per recuperare i due film mancanti. Il primo film che vedo appena arrivato il cofanetto è quello di cui parlerò oggi , Violent Cop.

La strada per la realizzazione

Pur essendo la prima opera che vede Kitano come regista, è bene chiarire che in realtà quest'ultimo è subentrato in qualità di sostituto. Takeshi ricorderà così quel periodo "[...]Fukusaku[Kinji] rifiutò dicendo che non poteva farlo nei tempi previsti, Okuyama venne a chiedermi se mi andava di farlo per conto mio. Così venne stabilito che avrei fatto il film, ma gli sviluppi successivi sono confusi". Per quanto riguarda la sceneggiatura, il regista spiegherà come se la sia trovata già pronta ma che in realtà non la gradisse particolarmente "[...]Era una sceneggiatura tremenda. Dentro c'era di tutto[...].Sembrava un adattamento di Rambo[...]così ho fatto rivedere un po' il copione."

Siamo quindi di fronte ad un Kitano che già aveva le idee chiare. Infatti, come si evince dalle parole sopracitate, non voleva contribuire a creare un cinema fine a sé stesso ma desiderava fare qualcosa di più impegnato nonostante una sceneggiatura molto semplice.

Il cinema di "Beat" Takeshi

Azuma viene inquadrato in questa maniera per dare la sensazione a chi ha davanti di non avere via d'uscita

Kitano, come vedremo in seguito, fa un cinema molto minimale. Pochi sono i piani o campi che utilizza per narrare gli eventi che accadono nei suoi film. Se prendiamo ad esempio la famosa scena sulla spiaggia di "Sonatine", dove gli Yakuza giocano alla roulette russa, contiamo appena venti inquadrature o poco più. L'autore piega infatti alla sua volontà ed alle ispirazioni momentanee, le regole del cinema. Molte volte i suoi film non partono da una sceneggiatura o da una serie di idee ponderate bensì da qualche intuizione istantanea. Prendendo ancora una volta Sonatine come esempio, il regista parla di come ha sviluppato il film partendo da quattro immagini che gli erano balenate in mente. Violent Cop, nonostante sia la sua prima opera, ha già il seme di questo cinema che accompagnerà Kitano per gran parte della sua carriera. 

Altro interesse del regista è quello di portare su schermo una certa naturalezza. Prendiamo ad esempio due sue dichiarazioni "Al contrario di quanto si possa credere, è difficile camminare e basta.[...]E' un'azione veramente inconsapevole, ma se chiedi ad un attore di camminare davanti ad una cinepresa, è come se per la prima volta fosse consapevole[...]" E ancora, alla domanda di quale fosse la prima immagine balenata in mente per il film, la risposta del regista lascia spiazzati "io penso che quando cammina, non può che camminare verso la morte, no?" Kitano non chiede conferma quanto sottolinea l'ovvietà della camminata, come a voler rimarcare quest'ultima non come semplice movimento da mettere in scena ma proprio funzionale alla narrazione ed alla progressione introspettiva del personaggio. 


Azuma attraversa il ponte che lo porterà alla centrale


Il poliziotto violento

Una volta delineata in maniera piuttosto grossolana la visione di Takeshi Kitano, incominciamo a parlare della storia.Azuma è un poliziotto dai metodi piuttosto violenti e sbrigativi. Mentre indaga su un traffico di droga scoprirà che il mondo che conosceva è ben peggiore di quanto potesse immaginarsi. Corruzione e violenza domineranno gran parte la storia. Nonostante alcune pause introspettive e poetiche dove sembra dominare la calma e la leggerezza, il viaggio che intraprende Azuma lo porterà inevitabilmente ad una tragedia quasi annunciata. Abituati come siamo ad un certo tipo di cinema americano siamo per una buona prima parte quasi insensibili di fronte alla violenza perpetuata dall'uomo ai danni di terzi. Le varie pellicole che fanno parte del cinema citato poc'anzi arrivano quasi sempre a giustificare l'azione dei protagonisti mentre qui, l'evoluzione della storia, ad un certo punto ci porta a domandarci se la violenza che utilizza Azuma non sia in realtà una scusa per la natura sadica del protagonista e di quanto dunque non sia giustificabile. Ci domandiamo infatti ad un certo punto se Azuma non sfrutti la sua posizione per sfogare un suo stato psicologico interiore o se, in fin dei conti, il suo è l'unico mezzo per gestire quel quartiere di Tokyo tanto affascinante quanto violento.Eccoci quindi arrivati ad un punto importante. La violenza del poliziotto fa riflettere e porta lo spettatore a porsi altre domande. Perchè Azuma non riesce in qualche modo ad interrompere la spirale di violenza in cui lui stesso cade durante la storia? In fin dei conti, prima di arrivare al cosiddetto "punto di non ritorno", di tempo ne ha abbastanza. Kitano, nonostante diriga una storia molto classica, fa percepire la violenza come una creatura dotata di vita propria, che ha preso possesso di quella parte della città e che ingloba tutti indistintamente.
Non c'è un buono od un cattivo bensì solo vittime che siano dirette o indirette.

considerazioni finali

L'opera prima di Takeshi Kitano convince, ammalia, stordisce. La sensazione è di trovarsi fin da subito in una spirale di violenza senza via d'uscita dove non vi è redenzione né salvezza. La prova attoriale del regista è incredibile riuscendo a portare in scena un personaggio triste, decaduto ma per niente stereotipato ed il finale, anche se può essere prevedibile, riesce ad avere un impatto fortissimo grazie anche all'inserimento di particolari elementi che rendono la sequenza degna di essere studiata e capita. Kitano dimostra inoltre di avere un occhio cinematografico importante che gli fa scegliere quasi sempre il piano o il campo giusto. Violent Cop in sintesi è un'opera importante sia per il genere sia per l'originalità in cui viene messo in scena. Senza ombra di dubbio un grande film.











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